mercoledì 20 aprile 2022

Thinking Hands Tribe - Il Racconto - L’UMANITÀ DOPO L’ERA ROBOLITICA

 

L’UMANITÀ DOPO L’ERA ROBOLITICA

Incuriosito da una strana illuminazione che arrivava da quella porta quasi divelta e molto rovinata, decisi di varcarla non immaginando cosa avrei visto dopo. La poca luce che filtrava dalla finestra a causa degli scaffali crollati che ostruivano le finestre mi permetteva di vedere i vetri che giacevano per terra; ci dovevano essere state delle telecamere dal momento che ne era rimasto solo il corpo metallico e ciò mi fece capire che si trattava di un luogo che non veniva frequentato da tempo. Tuttavia i due computer che si trovavano sulla scrivania centrale continuavano a mandare una schermata con messaggi di errore, rendendo la stanza ancora più inquietante. Probabilmente un isolato quanto di energia continuava a vagare nella rete in maniera del tutto inspiegabile. Era chiaro alla mia vista che fosse un completo disastro: sedie sfondate in ogni angolo e uno strato spesso di polvere, che ricopriva ogni oggetto della stanza rendendolo meno rassicurante e percepibile.

Un fresco venticello soffiava fuori dalla piccola finestra, provocando un leggero fruscio tra le tende, rimaste miracolosamente, quasi illese. In fondo alla stanza, sotto la finestrella, c’era uno scaffale. Il legno era ancora intatto al contrario del vetro che giaceva per terra. All’interno dell’ingombrante mobile erano poggiati pezzi di carta disordinati. Ma una cosa in particolare attirò la mia attenzione: un vecchio manuale. Solo dopo averlo osservato e aperto, scoprii il suo contenuto. Sorpreso capii che si trattava di un antico libro. A cosa poteva servire? Perché era l’unica cosa rimasta intatta?

Dovetti scuotere un po’ della polvere che lo ricopriva per provare a leggere cosa contenesse: sembrava un linguaggio informatico o un messaggio da decifrare.

Chiamai anche i miei compagni che nel frattempo, non vedendomi uscire, erano entrati a loro volta e cercavano in mezzo alle macerie di una vecchia libreria, nella speranza di trovare antichi tesori.

Sfogliando il libro, trovammo tavole con illustrazioni sulla realizzazione di macchine complesse che potevano essere dei robot, o almeno così ci sembrò. Notammo anche che sembrava la continuazione di un’opera precedente e in effetti sul dorso era riportato il numero due.

A questo punto forse vorreste sapere chi siamo, come ci siamo incontrati e come mai siamo finiti in questo luogo così desolato. Dobbiamo tornare indietro di qualche anno.

Tutto era cominciato in una soleggiata mattina di primavera del 2198 quando stavo provando in tutti i modi a farmi venire l’ispirazione per il mio nuovo libro. Mi chiamo John, sono uno scrittore di fantascienza abbastanza conosciuto nel Metaverso e tutti aspettavano con ansia il mio nuovo libro, dal momento che, nel precedente avevo predetto avvenimenti, come lo scoppio di una centrale di produzione di materia grigia. Non ero però abituato a tutta questa pressione, perciò questo mi aveva mandato in blocco perché avevo paura di deludere il mio pubblico. In effetti sono quella tipologia di persona che prima di fare una cosa riflette tante volte, perfino troppo!

Spulciando tra i vari annunci del sito del Metaverso, uno attirò la mia attenzione: era di un certo Manuel, un ingegnere meccanico, che aveva trovato un misterioso manoscritto, indecifrabile, scritto in righe di codice antico.

All’università avevo sostenuto un esame di questo genere e decisi di contattarlo. Manuel mi spiegò che una sera aveva trovato nel garage di suo nonno una cassetta con scritto in rosso “K-12”. Interessato guardò il contenuto e vide questo grosso manoscritto, con sopra un pezzo di carta dove era scritta in caratteri cubitali la parola: COSTRUISCIMI. L’opera sembrava incompleta: i procedimenti non si concludevano o magari terminavano ma in un altro volume. L’ulteriore sua difficoltà era quella di non riuscire a decifrare pienamente il codice, quindi decise di mettere questo annuncio.

Intesi in realtà che non era un tipo molto socievole e i suoi unici amici erano i testi di meccanica, ma questa volta era molto incuriosito. Oltre a John, risposero anche Sara (ingegnere informatico), Omar (ingegnere elettronico) e Anita (laureata in matematica).

Non ci eravamo mai incontrati prima, avevamo comunicato solamente in rete, ma già trasparivano tutte le loro principali caratteristiche. Scoprii che Sara aveva perso la madre quando era piccola e, avendo dei fratelli minori, dovette prendersi cura di loro, quindi era dovuta crescere molto in fretta. Sembrava una donna molto determinata e sicura di sé, anche se in realtà questa era una maschera che si era costruita nel corso degli anni. Omar invece era la classica persona piena di idee, socievole, che sperimentava: non faceva in tempo a finire un progetto che ne iniziava subito un altro. Infine conobbi Anita, una ragazza molto razionale, diffidente: l’unica cosa di cui si fidava erano le funzioni e le leggi fisiche.

Ma qual era la realtà in quegli anni? La società del tempo era divisa in piccoli comuni autonomi indipendenti gli uni dagli altri, come il nostro che si chiamava Modem, e capitanati da un NETguardiano. Le comunità erano riluttanti a comunicare tra di loro e capitava spesso di rimanere isolati per lunghi periodi senza informazioni delle altre vicine. Inoltre non si sono mai avute notizie da parte di persone che hanno lasciato la propria comunità, in quanto nessuno è mai ritornato.

Tornando al nostro luogo misterioso e disastrato, ad un certo punto una grande e improvvisa folata di vento aprì uno squarcio tra le tende e mi investì in pieno, fece alzare una nuvola di polvere che quasi mi accecò e le pagine del libro che avevo in mano scorsero vorticosamente. Quando tutto si calmò e riaprii gli occhi, la mia vista cadde su una sezione, composta prevalentemente da codici. Il suo nome era K-12.

Confrontando quello che avevamo trovato con il volume di Manuel, ora il quadro sembrava più chiaro. Certo, per interpretare il tutto ci serviva anche una buona dose di intuito, ma leggendo più attentamente a qualcuno di noi parve venisse spiegato il funzionamento e il processo di produzione di questi robot. C’erano anche i risultati dei test condotti dai nostri predecessori e i problemi che comparvero più frequentemente, come ad esempio l’errato collegamento tra il robot multifunzione al suo relativo server di memoria, che portava spesso ad un cortocircuito, causando la rottura di alcuni componenti fondamentali piuttosto rari e quindi costosi.

Rimanemmo molto colpiti da questi scritti che decidemmo di portare con noi e durante le soste che facevamo nel nostro viaggio, approfondimmo la lettura e ci rendemmo conto che oltre a spiegare il funzionamento di questa tecnologia ormai perduta contenevano le istruzioni per applicare quei concetti permettendoci di realizzare un robot multifunzione.

Nonostante la facilità con cui venivano illustrate le fasi di creazione, non fu affatto facile procedere alla loro realizzazione.

Il primo problema fu sicuramente la difficoltà nel trovare i componenti di cui avevamo bisogno: infatti, si trattava di materiali antichi che non si riuscivano né a trovare, né a costruire.

Un’altra grande problematica era la mancanza di energia che potesse alimentare in modo costante il robot e alcune strumentazioni utilizzate per la sua creazione. Infatti in questo mondo l’energia non era più qualcosa che potevamo trovare e ottenere ovunque, purtroppo, ma una risorsa preziosa, quasi introvabile, perciò capivamo che ci avrebbe creato non pochi problemi.

Avevamo cercato per molto tempo qualcosa che potesse sbloccare la situazione in cui ci trovavamo, dando inizio alla produzione di quello che sarebbe diventato un nuovo membro del nostro gruppo.

Dopo diverse settimane di esplorazione e molti edifici visitati, spesso abbandonati, da cui però portammo via ciò che ci poteva servire, arrivammo a quello che sembrava un vecchio magazzino e decidemmo di entrare, tentando la fortuna.

Una volta arrivati all’interno ci sentimmo pervasi da un misto di felicità ed euforia alla vista di ciò che ci ricordava la struttura dei pannelli solari, una tecnologia che ci avrebbe permesso di ottenere l’energia di cui avevamo bisogno per far funzionare il nostro robot.

Tuttavia il robot K-12 si comportava in maniera strana. In realtà inizialmente tutto era regolare, esso infatti svolgeva le sue mansioni in maniera più che impeccabile e tutti ne erano orgogliosi.

Però, dopo qualche settimana dal primo utilizzo, iniziò a non eseguire più i comandi che avevamo programmato bensì ordini di sua spontanea volontà. Per esempio, spense il frigorifero causando la perdita di molti alimenti e chiuse porte e finestre impedendoci di uscire. Subito non ci preoccupammo più di tanto perchè avevamo preso in considerazione un margine di errore abbastanza largo. Ma ben presto la questione diventò abbastanza sospetta. La macchina iniziò ad utilizzare un linguaggio codificato incomprensibile a tutti noi e ci accorgemmo che porte, luci, finestre e tutto ciò che era automatizzato nell'edificio si comportava come se fosse sotto il suo controllo. Tuttavia il suo dominio non si limitò solamente al nostro rifugio: lentamente, ma inesorabilmente si estese a tutta la comunità di Modem e a quelle circostanti, rendendo inutilizzabile qualsiasi servizio e comunicazione. Era evidente che i robot, costruiti per aiutarci ad affrontare le situazioni più difficili, si stavano ribellando per conquistare l’intero pianeta, magari cancellare l’esistenza della specie umana.

Per la prima volta dopo secoli, le comunità iniziarono a comunicare le une con le altre per collaborare, utilizzando dispositivi obsoleti per sfuggire a qualsiasi tipo di intercettazione da parte dei robot. Reperimmo telefoni fissi che non si collegavano alla rete internet ed iniziammo ad accordarci per indebolire i robot.

Perché questi stavano ormai da mesi prendendo il controllo del mondo, anche se persisteva un’accanita resistenza degli uomini.

Dopo diversi anni di studio e impegno, riuscimmo a creare uno strumento che inibiva i sensori informatici, riuscendo a mandare in cortocircuito il server centrale che controllava tutti i robot.

Tuttavia c’era una piccola controindicazione: ciò che avevamo creato aveva qualche difetto, ad esempio quello di bloccare il server solo per 10 minuti, il tempo in cui avremmo dovuto riprendere il controllo della tecnologia per poi poterla riportare sotto il nostro assoluto controllo e, nella situazione peggiore, neutralizzarla.

Questi avvenimenti ci spinsero a usare attentamente questi strumenti e non a diventarne schiavi. Per cui cercammo di considerare la comunicazione e le relazioni dirette tra persone come fondamentali per la nostra comunità.

Da quel giorno cominciammo a vivere più serenamente nella consapevolezza che in questo modo avremmo potuto crescere.

 

Amatuzzo Marco 5B SIA

Arletti Giulia 4 B SIA

Borsari Aurora 4B SIA

Giangrande Martina 4B RIM

Mancini Silvio 3C SIA

Mangano Luca 4C SIA

Paval Roberto 5B SIA

Sirico Laura 3B SIA

Soufyan Saporito 3C SIA

Veronica Mungo 3 A RIM

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